Lena entra, per la prima volta dopo anni, in un negozio di giocattoli, con il timore di potersi trovare davanti ad un mondo sconosciuto. Deve comprare un regalo per Irma, la figlia della sua amica. Si guarda intorno e viene rassicurata dai noti bambolotti con le loro carrozzine, dai peluche, dai trenini di legno e dalle intramontabili costruzioni Lego. Tutto ciò la tranquillizza e constata che, in fondo, per i primi anni dell’infanzia, il mondo dei giocattoli ha subito poche trasformazioni… è rimasto un po’ fermo nel tempo… e aggiunge “per fortuna”!
Tirando un sospiro di sollievo, percorre pochi passi verso il reparto dedicato alla fascia superiore ai 3 anni: qui in effetti qualcosa è cambiato rispetto al passato e sentendosi persa tra robot, monitor e telecomandi, si rivolge al negoziante sorridendo:
– Sto cercando un pensierino per una bambina di sei anni e pensavo alla mitica Barbie… ma non la vedo… in passato ricordo scaffali interi con decine di modelli…-
– Le abbiamo, signora, le abbiamo… ma ora tra le bambine vanno di moda queste-
E le mostra bambole in abiti succinti, minigonne similpelle, scarpe con zeppe sproporzionate, top striminziti e trucco pesante sugli occhi e sulle labbra.
– No, per carità! Mi rifiuto!-
– Abbiamo anche queste borsette con disegnato l’unicorno o anche delle t-shirt con l’unicorno o il set completo di quaderni e astuccio sempre con la stampa di piccoli unicorni-
-Mi scusi, perché come mi giro vedo unicorni? Vestiti, peluche, oggetti… un’invasione! Ma che è successo?-
– Ha ragione, signora, questo è l’anno dell’unicorno e del lama, ma anche del bradipo, del cactus e per quanto riguarda i frutti, invece, regna indiscusso l’avocado… lo scorso anno era l’anno dei fenicotteri rosa…-
Lena lo guarda e per poco non gli scoppia a ridere in faccia: vedere questo omone, grande e grosso, costretto suo malgrado a questa sfoggio di cultura su animali e vegetali in voga nel suo lavoro è veramente divertente. Decide quindi di dare un senso a quella conversazione che sembra in procinto di scivolare verso l’assurdo:
– Lei dà una spiegazione a queste mode su animali o piante? Mi spiego meglio: come può nascere la moda del lama o del fenicottero rosa, del cactus o del bradipo? Un giorno uno si sveglia e decide che il bradipo, che i più non sanno neanche che animale sia, verrà stampato ovunque e riprodotto su gadget in tutto il mondo?-
– Io mi meraviglio come lei, ma vado oltre e mi domando piuttosto come mai cactus e bradipo non siano mai stati utilizzati come simboli in finanza…-
Lena lo guarda perplessa e pensa tra sé che oggi entrando in un negozio di giocattoli tutto si aspettava tranne che trovare il negoziante esperto in finanza, bradipi e cactus-
– Mi scusi cosa mai dovrebbero simboleggiare precisamente?-
– Il cactus potrebbe essere un simbolo di resilienza, di resistenza alle avversità dei mercati e di adattamento alle circostanze, mentre il bradipo potrebbe essere un simbolo di forza, la lentezza che dona serenità e sicurezza… perché per mantenere un’andatura lenta e costante a volte serve più energia che per correre-
Lena, sempre più sconvolta, dal negoziante-filosofo è però incuriosita e gli chiede:
– E per caso avrebbe una spiegazione anche per l’unicorno?-
-Certo, l’unicorno è un classico, ha origini mitologiche e in finanza viene già utilizzato-
– Ah sì? Non lo sapevo…e per indicare cosa?-
– Le aziende dette “unicorni”, sono le start up, aziende innovative, che non sono ancora quotate in borsa e che nel breve periodo hanno raggiunto una valutazione di mercato di oltre un miliardo di dollari. Spesso sono guidate da manager molto giovani e hanno sfondato grazie a mezzi tecnologici all’avanguardia o a modelli di business innovativi, disruptive, che hanno rivoluzionato un settore merceologico dettando nuove regole di mercato e scalzando i leader del momento. Insomma cavalcano l’onda del successo come un arcobaleno, sono rare e preziose e difficili da trovare, esattamente come gli unicorni-
– E come è nato questo termine?-
– Lo ha utilizzato per la prima volta nel 2013 Aileen Lee, un’ investitrice di capitali a rischio, in un articolo per descrivere un’azienda, e da lì è nata la definizione che prevede il rispetto di alcune caratteristiche quali il valore economico, l’ innovazione e il tempo-
– In Italia quanti unicorni abbiamo?-
-Nessuno…-
-Come nessuno?-
– E’ la triste realtà… ne abbiamo circa 500 sul nostro Pianeta quasi tutte in America, nella Silicon Valley, e in Cina, poche in Europa, concentrate in Inghilterra, ma, ahimè, nessuna in Italia!-
– E il motivo? Quali sono le caratteristiche che bisogna avere per diventare degli unicorni?-
– Sicuramente non si deve avere paura di sbagliare, perché solo rischiando si può innovare e poi bisogna bandire la frase, tanto cara a molti nostri piccoli imprenditori italiani, “abbiamo sempre fatto così”, perché senza il cambiamento non si evolve. Infine occorre concentrarsi sul processo, più che sul prodotto-
– Ma non dipenderà solo dagli imprenditori…-
– Certo che no… in Italia per ora manca proprio l’ecosistema in grado di farli crescere. Queste aziende hanno bisogno di finanziamenti privati, che in Italia sono scarsi e, pur crescendo in modo esponenziale, in principio non generano profitti e hanno quindi bisogno di tante risorse e soprattutto di un mercato borsistico dinamico quale non è quello italiano… insomma ancora non sono maturi i tempi…-
– Mi fa qualche esempio di unicorno?-
– Beh, sono state unicorni Google, Apple, Facebook, Airbnb, Uber-
Lena afferra una borsa bianca, con stampato un bell’unicorno alato che vola su un “cielo arcobalenato”* e, avviandosi verso la cassa, dice al negoziante:
– Senta, mi ha convinto: le regalo questa, così che l’unicorno possa esserle di buon auspicio per volare verso un futuro raro e prezioso!
* aggettivo creato da: Luca Pietroniro, 7 anni