RITA, COS’ E’ LOSPREAD?

Roma, 21 settembre 2030, liceo scientifico Stephen Hawking, il professore di “consapevolezza finanziaria” entra nella classe IV B per svolgere la sua ora di lezione settimanale.

L’ incedere dei suoi passi fa sparpagliare gli alunni dal centro dell’aula come palle da biliardo colpite dalla stecca e ognuno “va in buca” velocemente dietro il proprio banco.

La materia piace, il professore è gagliardo e il saluto corale sorge stranamente sentito e spontaneo:

-Buongiorno Prof.!-

Il professor Briganti contraccambia il saluto, posa la sua borsa e inizia ad aggirarsi tra i banchi. Il rito è sempre lo stesso: a sorpresa posa la mano sulla spalla del/la prescelto/a e sfodera a bruciapelo la domanda del giorno:

-Rita, cos’è lo spread?-

Rita, capelli lunghi e ricci, la più pacata della classe, sorride, socchiude gli occhi cercando nei meandri della memoria, pensava di saperlo, ma riesce solo a pronunciare un timido:

-Quando scende è una cosa positiva-

Il professore la incoraggia:

-Questo è sicuramente vero, ma diamo una definizione: lo spread è un valore che indica la differenza tra il rendimento di un titolo di stato tedesco e uno italiano, entrambi con scadenza decennale-

-A professo’…-

irrompe con la sua solita esuberanza Enrico che nonostante i suoi 17 anni stenta ancora a parlare un italiano comprensibile

-…io non è che c’ho capito ancora tanto…-

ll professore serafico sorride e chiarisce:

-Quando uno Stato ha bisogno di denaro emette un titolo, cosi si chiama il debito, e i risparmiatori lo sottoscrivono, in pratica gli prestano i soldi. Nell’arco dei dieci anni lo Stato restituirà quanto ricevuto maggiorato di una percentuale. Se lo spread fosse pari a zero la maggiorazione per la Germania e l’ Italia sarebbe uguale, ma così non è. Facendo un esempio di fantasia la Germania ricevendo 100 restituirà 105 e per lo stesso importo l’ Italia dovrà rimborsare 115. In conclusione per valore crescenti di spread il debito per l’ Italia diventa sempre più costoso-

Enrico si sente parte coinvolta e reclama:

-Ma non è giusto! Perché lo spread non è uguale a zero?-

-Perché per motivi economici, politici, attuali o previsionali, al paese Italia non viene attribuita la stessa affidabilità e fiducia che viene attribuita alla Germania-

Enrico con il dono della sintesi azzarda l’esempio:

-In pratica è come se Rita e un conoscente con tanti debiti mi chiedono i soldi: a Rita glieli presto tranquillamente perché mi fido, all’altro no perché ho paura che non me li restituisca oppure pretendo un interesse molto alto-

Il professore, soddisfatto, annuisce:

-Esatto! Quello che ci fa decidere di rischiare per avere un rendimento maggiore si chiama premio per il rischio ed è per questo che ci sono dei parametri per valutare l’ affidabilità di un Paese, dei voti da cui si evince in che situazione versa il Paese e che rendimento ci si può aspettare dai suoi titoli-

Rita con un insolito coraggio alza la mano:

– E l’Italia che voto ha?- -In finanza il voto si chiama rating, ci sono diverse agenzie specializzate (Standard & Poor, Moody’s, Fitch) che misurano il rischio di credito dell’emittente e attribuiscono i giudizi rispettando scale simili. Si parte dal più alto AAA fino alla D. I titoli con rating migliori vengono definiti investment grade mentre quelli inferiori a BBB vengono definiti junk bond, titoli spazzatura. L’ Italia ha un rating BBB-

La campanella suona inesorabilmente e il professor Briganti, soddisfatto, saluta e lascia i suoi studenti con la certezza che questi ragazzi avranno una consapevolezza nel gestire il proprio denaro che molti dei loro genitori non hanno mai avuto, sapranno guardarsi intorno, sapranno ascoltare, potranno scegliere a chi affidarsi perché conoscono.

“I have a dream”: che in un futuro imminente questo racconto possa non essere più frutto della mia fantasia. Un primo passo è stato fatto da Anasf in alcune scuole con il progetto economic@mente con lezioni tenute nel triennio delle superiori , ma siamo ancora lontani da una materia vera e propria inserita nell’orario scolastico .

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