“MA NOI SIAMO RICCHI O POVERI?”

Matteo, quattro anni, sta guardando in tv il suo cartone animato preferito e, non si sa per quale strano collegamento della mente, si rivolge alla mamma presa al pc dal suo lavoro, chiedendole a bruciapelo:

-Mamma, ma noi siamo ricchi o poveri?-

Arianna pensa alla sua bella casa, ai viaggi fatti e poi al mutuo, alle rate dell’ auto e gli risponde nel modo più stupido che possa trovare:

-In che senso? Dipende…dipende!” 

Nonostante sia il terzo figlio, ancora non ha capito che i bambini vogliono un “sì” o un “no”, vogliono numeri, certezze, non sono in grado di elaborare affermazioni  che cambiano in base ai diversi contesti.

In soccorso arriva lo squillo del cellulare: è Stella la sua amica; la ringrazia immediatamente per averla tolta da una situazione di impasse spiegandole la difficoltà nell’elaborare una risposta realistica al figlio.

– Mi stavo arrampicando sugli specchi perché Matteo mi aveva  appena chiesto se siamo ricchi o poveri…-

-Avete una casa, vi volete bene, vi comportate bene con il prossimo, siete rispettosi verso l’ambiente…più ricchi di così!!! Rispondigli che siete ricchissimi! La ricchezza di una famiglia non viene mica misurata come il PIL di uno Stato-

Arianna sorride pensando al paragone tra uno Stato e la sua famiglia e dentro di sé pensa alla struttura del vero PIL: sommatoria di tutti i beni e i servizi finali prodotti in un Paese in un determinato periodo di tempo. 
Interno: perché non vengono prese in considerazione tutte le imprese o i lavoratori che si trovano in quel periodo all’ estero e sono incluse invece le aziende straniere che producono nel Paese.
Lordo: perché non tiene conto degli ammortamenti del capitale, cioè la perdita di valore degli impianti nel tempo. 

E dopo essersi abbandonata con la mente a questi voli sulle sue reminiscenze universitarie… viene riportata alla realtà da Stella che le fa:

– Arianna ci sei?-

– Sì, Stella, scusami, ma stavo riflettendo sula definizione del PIL e a quanto sia fallace la sua interpretazione come ricchezza e benessere di un Paese, a quanto sia riduttivo esprimere un suo miglioramento, o peggioramento, attraverso una percentuale –

-Lo so- annuisce Stella – il PIL tiene conto degli investimenti, dei consumi, delle importazioni, delle esportazioni e della spesa pubblica, ma non tiene conto di tante cose: per esempio di tutte le prestazioni a titolo gratuito, dell’autoconsumo, della capacità di ridurre le disuguaglianze, di eliminare la povertà, di abbattere l’inquinamento, di favorire la parità di genere, di garantire la salute dei propri cittadini…tutto questo il PIL semplicemente lo ignora. Eppure resta l’indicatore con cui si giudica la ricchezza e la crescita di uno Stato e spesso ne determina le sorti-

– Sarebbe curioso capire come cambierebbero le classifiche tra i vari Stati se si tenesse conto di tutto questo nei diversi PIL-

– Chissà magari in Commissione Europea cambierebbero tutti i rapporti deficit / PIL e forse il Patto di stabilità, sarebbe un’ utopia per tutti e non solo per i soliti…-

– Sembri un po’ polemica…- indaga Arianna che conosce bene le sfumature di voce dell’ amica

– No, assolutamente, voglio dire però che ridurre la “ricchezza” e la stabilità di un Paese alla produzione di beni e servizi è antidiluviano e che forse andrebbe rivisto qualcosa.-

– Hai ragione, ma nel Trattato di Maastricht entrato in vigore il 1 novembre 1993 si fa riferimento sempre a quel PIL-

ribadisce Arianna

– Si , infatti, si stabilì che, per evitare guai per sé e per gli altri, uno Stato, membro dell’Unione, avrebbe dovuto rispettare dei parametri:
1) non avrebbe dovuto avere un deficit superiore al 3% del PIL, dove per deficit si intende che lo Stato spende più di quanto guadagna
2) il rapporto debito pubblico/ PIL sarebbe dovuto essere inferiore al 60%, dove per debito pubblico si intende il debito dello Stato nei confronti di soggetti, imprese, banche o soggetti stranieri, che hanno sottoscritto obbligazioni-

…silenzio…

– Pronto? Pronto Arianna? ….Ci sei?-

– Si, si…riflettevo sulle sanzioni per i Paesi che con il loro bilancio non sono in linea con i parametri di Maastricht e sulla loro estrema rigidità-

– Hai ragione anche se nel tempo si è capito che il rapporto deficit / PIL può aumentare anche solo per il fatto di attraversare una  fase poco felice di un ciclo economico e quindi di dover rapportare uno stesso deficit ad un PIL più basso. E’ per questo che è stata ammessa una certa tolleranza ed è stato introdotto il concetto di deficit strutturale che implica sempre una trattativa tra lo Stato e la Commissione Europea per determinare l’ equilibrio di bilancio di uno Stato-

– Descrivi queste trattative come piacevoli scambi di opinioni tra governanti dei diversi Paesi- le dice ridendo Arianna- ma sappiamo bene quanti mal di pancia hanno creato e quanto sia stata sospirata una deroga al Patto di Stabilità-

– Eh già, passi da gigante per quanto riguarda l’ integrazione e l’unione monetaria, ma per quanto riguarda la politica economica e fiscale resta quasi tutto in mano ai singoli Stati membri e l’Unione resta ancora un miraggio-

Dal divano arriva ad interrompere la conversazione una voce cadenzata che non si rassegna…

“Mammaaa….mammaaa….mammaaa….”

– Dimmi Matteo…che c’è? Sono al telefono…—

– Allora? Noi siamo ricchi o poveri?-

Arianna sorride e questa volta è preparatissima:

– Amore, noi siamo ricchissimi!-

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