La tavola apparecchiata, bicchieri che si riempiono e si svuotano, olive che vanno e noccioli che tornano: una delle tante cene in cui un gruppo di amici inizia la serata sorseggiando bollicine. Le conversazioni seguono le classiche dinamiche della vita di coppia: qualche insoddisfazione, di tanto in tanto qualche ricordo giurassico dei primi giorni di matrimonio, e comunque tra una frecciatina e una carezza traspare ancora il piacere di stare insieme. E così dopo aver rispolverato ricordi di una vecchia gita fuori porta Luca, il più loquace, chiede:
– Barbara, ti è piaciuta ieri la mostra di Chagall?-
– Meravigliosa! Cosa darei per avere uno di quei quadri in casa! E comunque l’arte regala sempre emozioni bellissime-
– A proposito di arte secondo voi la criptoarte degli NFT può essere considerata arte?- azzarda Andrea notoriamente taciturno durante le serate .
Cala il silenzio perché nonostante tutti abbiano spesso sentito e letto l’acronimo NFT nessuno di loro sa effettivamente di che cosa stia parlando né conosce il suo reale funzionamento.
Così Luca toglie tutti dall’imbarazzo:
– Andrea, mi spieghi per bene cosa sono ‘sti cavolo di NFT di cui si parla tanto? Hanno a che fare con i bitcoin o non c’entrano nulla? Io faccio un sacco di confusione: blockchain, bitcoin, realtà aumentata, realtà virtuale, NFT… mi sembra di essere stato catapultato in un mondo che non conosco-
– Non sei l’unico, la digitalizzazione ha avuto un’accelerazione negli ultimi anni e si fa fatica a starle dietro; solo le nuove generazioni riescono a tenere il passo senza “fiatone”. Comunque un NFT– Non Fungible Token è un bene di proprietà monetizzabile, quindi usato anche per i pagamenti, che però, al contrario di un bitcoin, o di una qualsiasi altra criptovaluta non può essere replicato, non è appunto fungibile. In sintesi è unico, come un oggetto da collezione! È un certificato di proprietà che può essere acquistato, archiviato e venduto. Tuttavia con il bitcoin ha in comune l’utilizzo della blockchain cioè di quella catena di dati immodificabili che ne garantiscono l’autenticità e la proprietà da parte di un individuo all’interno di un portafoglio digitale-
– Ok ma tutto questo cosa c’entra con l’arte?-
– Tutto nacque probabilmente nel 2017 con i criptogatti che erano immagini di gatti con un codice unico garantito appunto dalla blockchain e la cui unicità, e quindi il valore, aumentava per gli esemplari che avevano i primi numeri. Un gioco virtuale in cui sono stati spesi oltre 14 milioni di dollari-
– Insomma una follia! E da qui quindi l’evoluzione verso gli NFT…-
– Sì, ma un NFT può essere anche video, un contenuto musicale, un quadro, un’automobile, addirittura un immobile, ogni cosa perché può essere associato con un asset crittogafico a qualsiasi proprietà reale così che quel bene diventi di proprietà dell’acquirente del token-
– Ma qual è lo scopo di questa cosa?-
– Lo scopo è quello di eliminare gli intermediari e permettere a chiunque di comprare e vendere qualcosa di fisico attraverso una rappresentazione digitale e in modo sicuro perché tiene traccia di tutti i passaggi di proprietà fino al suo creatore-
– Sì, ma non mi hai ancora risposto: che cosa c’entra con l’arte…- insiste Luca
– A giudicare dalla cifra record di 69,3 milioni di dollari a cui è stato aggiudicato l’NFT Everydays: The First 5000 Days di Mike Winkelmann, in arte Beeple, qualcosa c’entra sicuramente-
– Ma stai scherzando? E c’è qualcuno che paga quasi 70 milioni di dollari per avere un’ammucchiata di pixel che chiunque può fotografare e mettere sul suo schermo, e quindi su un identico supporto, per il solo compiacimento di dire che però quella è sua perché ha un codice esclusivo? –
– Beh sì… è la smaterializzazione dell’arte…-
Barbara esplode:
– E quindi mi volete dire che in questi secoli è semplicemente cambiato il modo di esprimersi e che tra un quadro di Chagall e un NFT è cambiato solo la forma di espressione dell’artista che ha smaterializzato l’opera? Di questo passo si arriverà all’artista che fa una puzzetta e varrà centinaia di migliaia di euro…-
Giorgio, che fino ad allora aveva trangugiato olive, scoppia a ridere:
– Beh voi scherzate, ma “la merda d’artista” già esiste da 50 anni ed è esposta nei più grandi musei del mondo; una delle scatoletta è stata venduta poco qualche anno fa per circa 250.000 euro…-
Andrea guarda gli amici che iniziano ad essere molto coinvolti dall’argomento:
– Ragazzi qui apriamo voragini su cosa sia l’arte e cosa non lo sia e non ne usciremo mai. Un’opera d’arte fisica ha un consenso generale da parte del mercato e gli viene attribuito un valore dalla critica mentre nel mondo cripto il valore è dato dalla tecnologia della blockchain che ne garantisce l’unicità e la proprietà!-
– Ma sì dai in fondo arte è tutto ciò che emoziona perché opera d’arte è il flusso di energia che emana … e se a me l’energia proviene dal sapere che un bene può essere posseduto da tutti ma che solo io ne ho la proprietà va bene…dov’è il problema?- commenta Giorgio sempre in pace con il mondo
Poi prende una banana dalla fruttiera e chiede un pezzo di nastro adesivo. Attacca la banana al muro e indicandola fa:
– La mia vale 50 centesimi, quella di Maurizio Cattelan, identica alla mia, è stata venduta a 120.000 dollari. C’è un motivo? Suscita emozioni diverse rispetto a questa? Tenere un francobollo sigillato dentro la plastica ha un senso? Un paio di scarpe Nike da mille euro imballate dentro la loro scatola? Non lo so, ma se qualcosa ha valore vuol dire che c’è un mercato e se c’è un mercato vuol dire che può essere scambiato. Il tempo ci dirà se è follia o bolla come si dice in finanza… per ora limitiamoci a chiamarlo FENOMENO! E adesso apriamo quell’Amarone della Valpolicella che non so se si possa definire un’opera d’arte ma secondo me ci si avvicina molto-
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